Codice Deontologico Forense
PREAMBOLO
L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà,
autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli
interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e
contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i
fini della giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla
conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel
rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani
e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla
libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la
regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la
tutela di questi valori.
I – PRINCIPI GENERALI
ART. 1. – Ambito di applicazione.
Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e
praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e
nei confronti dei terzi.
ART. 2. – Potestà disciplinare.
Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le
sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme
deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e
devono tener conto della reiterazione dei comportamenti nonché
delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno
concorso a determinare l’infrazione.
ART. 3. – Volontarietà dell’azione.
La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei
doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo
dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso
procedimento la sanzione deve essere unica.
ART. 4. – Attività all’estero e attività in Italia dello
straniero.
Nell’esercizio di attività professionali all’estero, che siano
consentite dalle disposizioni in vigore, l’avvocato italiano è
tenuto al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui
viene svolta l’attività.
Del pari l’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività
professionale in Italia, quando questa sia consentita, è tenuto
al rispetto delle norme deontologiche italiane.
ART. 5. – Doveri di probità, dignità e decoro.
L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei
doveri di probità, dignità e decoro.
I. Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato
cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia
violato la legge penale, salva ogni autonoma valutazione sul
fatto commesso.
II. L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti
anche non riguardanti l’attività forense quando si riflettano
sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine
della classe forense.
III. L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento
penale non può assumere o mantenere la difesa di altra parte
nello stesso procedimento.
ART. 6. – Doveri di lealtà e correttezza.
L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con
lealtà e correttezza.
I. L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in
giudizio con mala fede o colpa grave.
ART. 7. – Dovere di fedeltà.
E’ dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività
professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento
dell’avvocato che compia consapevolmente atti contrari
all’interesse del proprio assistito.
II. L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel
rispetto dei doveri che la sua funzione gli impone verso la
collettività per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nei
confronti dello Stato e di ogni altro potere.
ART. 8. – Dovere di diligenza.
L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con
diligenza.
ART. 9. – Dovere di segretezza e riservatezza.
E’ dovere, oltreché diritto, primario e fondamentale
dell’avvocato mantenere il segreto sull’attività prestata e su
tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte
assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del
mandato.
I. L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza
anche nei confronti degli ex clienti, sia per l’attività
giudiziale che per l’attività stragiudiziale.
II. La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di
colui che si rivolga all’avvocato per chiedere assistenza senza
che il mandato sia accettato.
III. L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto
professionale anche ai propri collaboratori e dipendenti e a
tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell’attività
professionale.
IV. Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui
la divulgazione di alcune informazioni relative alla parte
assistita sia necessaria:
a. per lo svolgimento delle attività di difesa;
b. al fine di impedire la commissione da parte dello stesso
assistito di un reato di particolare gravità;
c. al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia
tra avvocato e assistito;
d. in un procedimento concernente le modalità della difesa degli
interessi dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto
strettamente necessario per il fine tutelato.
ART. 10. – Dovere di indipendenza.
Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il
dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la
propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni.
I. L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la
propria sfera personale.
ART. 11. – Dovere di difesa.
L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche
quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle
leggi vigenti.
I. L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve,
quando ciò sia possibile, comunicare all’assistito che ha
facoltà di scegliersi un difensore di fiducia, e deve
informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il
difensore d’ufficio deve essere retribuito a norma di legge.
II. Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto
ingiustificato di prestare attività di gratuito patrocinio o la
richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di
tale attività.
ART. 12. – Dovere di competenza.
L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter
svolgere con adeguata competenza.
I. L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanze
impeditive alla prestazione dell’attività richiesta, valutando,
per il caso di controversie di particolare impegno e
complessità, l’opportunità della integrazione della difesa con
altro collega.
II. L’accettazione di un determinato incarico professionale fa
presumere la competenza a svolgere quell’incarico.
ART. 13. – Dovere di aggiornamento professionale.
E’ dovere dell’avvocato curare costantemente la propria
preparazione professionale, conservando e accrescendo le
conoscenze con particolare riferimento ai settori nei quali
svolga l’attività.
I. L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo
studio individuale e la partecipazione a iniziative culturali in
campo giuridico e forense.
II. E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i
regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio
dell’ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i
programmi formativi.
ART. 14. – Dovere di verità.
Le dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o
inesistenza di fatti obiettivi, che siano presupposto specifico
per un provvedimento del magistrato, e di cui l’avvocato abbia
diretta conoscenza, devono essere vere e comunque tali da non
indurre il giudice in errore.
I. L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo
prove false. In particolare, il difensore non può assumere a
verbale né introdurre dichiarazioni di persone informate sui
fatti che sappia essere false.
II. L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già
ottenuti o il rigetto dei provvedimento richiesti, nella
presentazione di istanze o richieste sul presupposto della
medesima situazione di fatto.
ART. 15. – Dovere di adempimento previdenziale e fiscale.
L’avvocato deve provvedere regolarmente e tempestivamente agli
adempimenti dovuti agli organi forensi nonché agli adempimenti
previdenziali e fiscali a suo carico, secondo le norme vigenti.
ART. 16. – Dovere di evitare incompatibilità.
E’ dovere dell’avvocato evitare situazioni di incompatibilità
ostative alla permanenza nell’albo, e, comunque nel dubbio,
richiedere il parere del proprio Consiglio dell’ordine.
I. L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di
mediazione.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’avere richiesto
l’iscrizione all’albo in pendenza di cause di incompatibilità,
non dichiarate, ancorché queste siano venute meno.
ART. 17. – Informazioni sull’attività professionale.
L’avvocato può dare informazioni sulla propria attività
professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti
con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività
e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità, il rispetto
dei quali è verificato dal competente Consiglio dell’ordine.
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a
verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie
riservate o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non
può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti, ancorché
questi vi consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve
rispettare la dignità e il decoro della professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della
pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa.
I. Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la
sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione
professionale e di convegni in discipline attinenti alla
professione forense da parte di avvocati o di società o di
associazioni di avvocati, previa approvazione del Consiglio
dell’ordine del luogo di svolgimento dell’evento.
II. E’ consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto,
che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a
suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per
testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei
suoi eredi.
ART. 17 bis – Mezzi di informazione consentiti
L’avvocato che intende dare informazione sulla propria attività
professionale deve indicare:
- la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma associata o societaria;
- il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti lo studio;
- la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i recapiti, con l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail e del sito web, se attivato.
- il titolo professionale che consente all’avvocato straniero l’esercizio in Italia, o che consenta all’avvocato italiano l’esercizio all’estero, della professione di avvocato in conformità delle direttive comunitarie.
Può indicare:
- i titoli accademici;
- i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari;
- l’abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;
- i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;
- le lingue conosciute;
- il logo dello studio;
- gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
- l’eventuale certificazione di qualità dello studio; l’avvocato che intenda fare menzione di una certificazione di qualità deve depositare presso il Consiglio dell’Ordine il giustificativo della certificazione in corso di validità e l’indicazione completa del certificatore e del campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato;
- i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;
- le lingue conosciute;
- il logo dello studio;
- gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
- l’eventuale certificazione di qualità dello studio; l’avvocato che intenda fare menzione di una certificazione di qualità deve depositare presso il Consiglio dell’Ordine il giustificativo della certificazione in corso di validità e l’indicazione completa del certificatore e del campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato.
L’avvocato può
utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e
direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o
alla società di avvocati alla quale partecipa, previa
comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della
forma e del contenuto in cui è espresso.
Il professionista è responsabile del contenuto del sito e in
esso deve indicare i dati previsti dal primo comma.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e/o
pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o
pop-up di alcun tipo.
ART. 18. – Rapporti con la stampa.
Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione
l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel
rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione
e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e
nell’esclusivo interesse dello stesso, può fornire agli organi
di informazione e di stampa notizie che non siano coperte dal
segreto di indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e
con gli altri mezzi di diffusione, è fatto divieto all’avvocato
di enfatizzare la propria capacità professionale, di spendere il
nome dei propri clienti, di sollecitare articoli di stampa o
interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi di
diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze
stampa fatte salve le esigenze di difesa del cliente.
III. E’ consentito all’avvocato, previo parere favorevole del
Consiglio dell’ordine di appartenenza, di tenere o curare
rubriche fisse su organi di stampa con l’indicazione del proprio
nome e di partecipare a rubriche fisse televisive o
radiofoniche.
ART. 19. – Divieto di accaparramento di clientela.
È vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di
clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non
conformi alla correttezza e decoro.
I – L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un
altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro
compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente.
II – Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o
di prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di
vantaggi per ottenere difese o incarichi.
III – E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta
persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli
utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in
generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
IV – E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne
richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una
persona determinata per un specifico affare.
ART. 20. – Divieto di uso di espressioni sconvenienti od
offensive.
Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato
deve evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive
negli scritti in giudizio e nell’attività professionale in
genere, sia nei confronti dei colleghi che nei confronti dei
magistrati, delle controparti e dei terzi.
I. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese
non escludono l’infrazione della regola deontologica
ART. 21. – Divieto di attività professionale senza titolo o di
uso di titoli inesistenti.
L’iscrizione all’albo costituisce presupposto per l’esercizio
dell’attività giudiziale e stragiudiziale di assistenza e
consulenza in materia legale e per l’utilizzo del relativo
titolo.
I. Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo
professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività
in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.
II. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento
dell’avvocato che agevoli, o, in qualsiasi altro modo diretto o
indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi
l’esercizio abusivo dell’attività di avvocato o consenta che
tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se
limitatamente al periodo di eventuale sospensione
dall’esercizio.
III. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di
professore solo se sia docente universitario di materie
giuridiche. In ogni caso dovrà specificare la qualifica, la
materia di insegnamento e la facoltà.
IV. L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare
esclusivamente e per esteso il titolo di "praticante avvocato",
con l’eventuale indicazione di "abilitato al patrocinio" qualora
abbia conseguito tale abilitazione.
II – RAPPORTI CON I COLLEGHI
ART. 22. – Rapporto di colleganza.
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un
comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a
rispondere con sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti
di un collega per fatti attinenti all’esercizio della
professione deve dargliene preventiva comunicazione per
iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il diritto da
tutelare.
III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica
con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è
consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
ART. 23. – Rapporto di colleganza e dovere di difesa nel
processo.
Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria
condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando in
quanto possibile il rapporto di colleganza.
I. L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze e
in ogni altra occasione di incontro con i colleghi.
II. L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o
ingiustificata, formulata nel processo dalle controparti che
comporti pregiudizio per la parte assistita.
III. Il difensore, che riceva l’incarico di fiducia
dall’imputato, è tenuto a comunicare tempestivamente con mezzi
idonei al collega, già nominato d’ufficio, il mandato ricevuto
e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve raccomandare
alla parte di provvedere al pagamento di quanto è dovuto al
difensore d’ufficio per l’attività professionale eventualmente
già svolta.
IV. Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare con i
difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti
e documenti, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto
della legge.
V. Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore
consultare il co-difensore in ordine ad ogni scelta processuale
ed informarlo del contenuto dei colloqui con il comune
assistito, al fine della effettiva condivisione della strategia
processuale.
VI. L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella
prospettiva di dare inizio ad azioni giudiziarie, deve essere
comunicata al collega avversario.
ART. 24. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine.
L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio
dell’Ordine di appartenenza, o con altro che ne faccia
richiesta, per l’attuazione delle finalità istituzionali
osservando scrupolosamente il dovere di verità. A tal fine ogni
iscritto è tenuto a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza
relativi alla vita forense o alla amministrazione della
giustizia, che richiedano iniziative o interventi collegiali.
I. Nell’ambito di un procedimento disciplinare, la mancata
risposta dell’iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata
presentazione di osservazioni e difese non costituisce autonomo
illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere
valutati dall’organo giudicante nella formazione del proprio
libero convincimento.
II. Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto
chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione ad un esposto
presentato da una parte o da un collega tendente ad ottenere
notizie o adempimenti nell’interesse dello stesso reclamante, la
mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito
disciplinare.
III. L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine
deve adempiere l’incarico con diligenza, imparzialità e
nell’interesse generale.
IV. L’avvocato ha il dovere di comunicare senza ritardo al
Consiglio dell’Ordine di appartenenza ed eventualmente a quello
competente per territorio, la costituzione di associazioni o
società professionali e i successivi eventi modificativi, nonché
l’apertura di studi principali, secondari e anche recapiti
professionali.
ART. 25. – Rapporti con i collaboratori dello studio.
L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare
la preparazione professionale, compensandone la collaborazione
in proporzione all’apporto ricevuto.
ART. 26. – Rapporti con i praticanti.
L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la
effettività ed a favorire la proficuità della pratica forense al
fine di consentire un’adeguata formazione.
I. L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di
lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un
compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto.
II. L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni
contenute nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato
controllo e senza indulgere a motivi di favore o di amicizia.
III. E’ responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia
incarico ai praticanti di svolgere attività difensiva non
consentita.
ART. 27. – Obbligo di corrispondere con il collega.
L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la
controparte che sia assistita da altro legale.
I. Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati
comportamenti o intimare messe in mora od evitare prescrizioni o
decadenze, la corrispondenza può essere indirizzata direttamente
alla controparte, sempre peraltro inviandone copia per
conoscenza al legale avversario.
II. Costituisce illecito disciplinare il comportamento
dell’avvocato che accetti di ricevere la controparte, sapendo
che essa è assistita da un collega, senza informare quest’ultimo
e ottenerne il consenso.
ART. 28. – Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con
il collega.
Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere
qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente
proposte transattive scambiate con i colleghi.
I. E’ producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi
quando sia stato perfezionato un accordo, di cui la stessa
corrispondenza costituisca attuazione.
II. E’ producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri
l’adempimento delle prestazioni richieste.
III. L’avvocato non deve consegnare all’assistito la
corrispondenza riservata tra colleghi, ma può, qualora venga
meno il mandato professionale, consegnarla al professionista che
gli succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri
di riservatezza.
ART. 29. – Notizie riguardanti il collega.
L’esibizione in giudizio di documenti relativi alla posizione
personale del collega avversario e l’utilizzazione di notizie
relative alla sua persona sono vietate, salvo che egli sia parte
di un giudizio e che l’uso di tali notizie sia necessario alla
tutela di un diritto.
I. L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti
denigratori sull’attività professionale di un collega.
ART. 30. – Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad
altro collega.
L’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di
esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve
provvedere a retribuirlo, ove non adempia la parte assistita,
tranne che dimostri di essersi inutilmente attivato, anche
postergando il proprio credito, per ottenere l’adempimento.
ART. 31. – Obbligo di dare istruzioni al collega e obbligo di
informativa.
L’avvocato è tenuto a dare tempestive istruzioni al collega
corrispondente. Quest’ultimo, del pari, è tenuto a dare
tempestivamente al collega informazioni dettagliate
sull’attività svolta e da svolgere.
I. L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere
preventivamente comunicata e consentita.
II. E’ fatto divieto all’avvocato corrispondente di definire
direttamente una controversia, in via transattiva, senza
informare il collega che gli ha affidato l’incarico.
III. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve
adoperarsi nel modo più opportuno per la tutela degli interessi
della parte, informando non appena possibile il collega che gli
ha affidato l’incarico.
ART. 32. – Divieto di impugnazione della transazione raggiunta
con il collega.
L’avvocato che abbia raggiunto con il patrono avversario un
accordo transattivo accettato dalle parti deve astenersi dal
proporre impugnativa giudiziale della transazione intervenuta,
salvo che l’impugnazione sia giustificata da fatti particolari
non conosciuti o sopravvenuti.
ART. 33. – Sostituzione del collega nell’attività di difesa.
Nel caso di sostituzione di un collega nel corso di un giudizio,
per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà
rendere nota la propria nomina al collega sostituito,
adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività difensiva, perchè
siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni
svolte.
I. L’avvocato sostituito deve adoperarsi affinché la successione
nel mandato avvenga senza danni per l’assistito, fornendo al
nuovo difensore tutti gli elementi per facilitargli la
prosecuzione della difesa.
ART. 34. – Responsabilità dei collaboratori, sostituti e
associati.
Salvo che il fatto integri un’autonoma responsabilità, i
collaboratori, sostituti e ausiliari non sono disciplinarmente
responsabili per il compimento di atti per incarichi specifici
ricevuti.
I. Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente
responsabile soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si
riferiscano i fatti specifici commessi.
III – RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA
ART. 35. – Rapporto di fiducia.
Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
I. L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da
altro avvocato che la difenda. Qualora sia conferito da un
terzo, che intenda tutelare l’interesse della parte assistita
ovvero anche un proprio interesse, l’incarico può essere
accettato soltanto con il consenso della parte assistita.
II. L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato,
dallo stabilire con l’assistito rapporti di natura economica,
patrimoniale o commerciale che in qualunque modo possano
influire sul rapporto professionale, salvo quanto previsto
nell’art. 45.
ART. 36. – Autonomia del rapporto.
L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte
assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e
nell’osservanza della legge e dei principi deontologici.
I. L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni
inutilmente gravose, né suggerire comportamenti, atti o negozi
illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità.
II. L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare
l’identità del cliente e dell’eventuale suo rappresentante.
III. In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche
per quanto attiene al segreto, l’avvocato deve rifiutare di
ricevere o gestire fondi che non siano riferibili a un cliente
esattamente individuato.
IV. L’avvocato deve rifiutare di prestare la propria attività
quando dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che
essa sia finalizzata alla realizzazione di una operazione
illecita.
ART. 37. – Conflitto di interessi.
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività
professionale quando questa determini un conflitto con gli
interessi di un proprio assistito o interferisca con lo
svolgimento di altro incarico anche non professionale.
I. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui
l’espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del
segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero
quando la conoscenza degli affari di una parte possa
avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo
svolgimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza
dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico.
II. L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi
interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano
partecipi di una stessa società di avvocati o associazione
professionale o che esercitino negli stessi locali.
ART. 38. – Inadempimento al mandato.
Costituisce violazione dei doveri professionali, il mancato,
ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato
quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli
interessi della parte assistita.
I. Il difensore d’ufficio deve assolvere l’incarico con
diligenza e sollecitudine; ove sia impedito di partecipare a
singole attività processuali deve darne tempestiva e motivata
comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della
difesa un collega, il quale, ove accetti, è responsabile
dell’adempimento dell’incarico.
ART. 39. – Astensione dalle udienze.
L’avvocato ha diritto di partecipare alla astensione dalle
udienze proclamata dagli organi forensi in conformità con le
disposizioni del codice di autoregolamentazione e delle norme in
vigore.
I. L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire
alla astensione deve informare preventivamente gli altri
difensori costituiti.
II. Non è consentito aderire o dissociarsi dalla proclamata
astensione a seconda delle proprie contingenti convenienze.
L’avvocato che aderisca all’astensione non può dissociarsene con
riferimento a singole giornate o a proprie specifiche attività,
così come l’avvocato che se ne dissoci non può aderirvi
parzialmente, in certi giorni o per particolari proprie attività
professionali.
ART. 40. – Obbligo di informazione.
L’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio
assistito all’atto dell’incarico delle caratteristiche e
dell’importanza della controversia o delle attività da
espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione
possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio
assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo
reputi opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia
richiesta.
I. Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte
assistita sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai
costi presumibili del processo.
II. E’ obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la
necessità del compimento di determinanti atti al fine di evitare
prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli
relativamente agli incarichi in corso di trattazione.
III. Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito
il contenuto di quanto appreso nell’esercizio del mandato se
utile all’interesse di questi.
ART. 41. – Gestione di denaro altrui.
L’avvocato deve comportarsi con puntualità e diligenza nella
gestione del denaro ricevuto dal proprio assistito o da terzi
per determinati affari ovvero ricevuto per conto della parte
assistita, ed ha l’obbligo di renderne sollecitamente conto.
I. Costituisce infrazione disciplinare trattenere oltre il tempo
strettamente necessario le somme ricevute per conto della parte
assistita.
II. In caso di deposito fiduciario l’avvocato è obbligato a
richiedere istruzioni scritte e ad attenervisi.
ART. 42. – Restituzione di documenti.
L’avvocato è in ogni caso obbligato a restituire senza ritardo
alla parte assistita la documentazione dalla stessa ricevuta per
l’espletamento del mandato quando questa ne faccia richiesta.
I. L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza
il consenso della parte assistita, solo quando ciò sia
necessario ai fini della liquidazione del compenso e non oltre
l’avvenuto pagamento.
ART. 43. – Richiesta di pagamento.
Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può
chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese
sostenute ed a quelle prevedibili e di acconti sulle prestazioni
professionali, commisurati alla quantità e complessità delle
prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
I. L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e
degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del
cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e delle
spese sostenute per le prestazioni eseguite e degli onorari per
le prestazioni svolte.
II. L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente
sproporzionati all’attività svolta.
III. L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di
quello già indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento,
salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
IV. L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri
diritti o all’adempimento di prestazioni professionali il
versamento alla parte assistita delle somme riscosse per conto
di questa.
ART. 44. – Compensazione.
L’avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano
pervenute dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle
spese sostenute, dandone avviso al cliente; può anche trattenere
le somme ricevute, a titolo di pagamento dei propri onorari,
quando vi sia il consenso della parte assistita ovvero quando si
tratti di somme liquidate in sentenza a carico della controparte
a titolo di diritti e onorari ed egli non le abbia ancora
ricevute dalla parte assistita, ovvero quando abbia già
formulato una richiesta di pagamento espressamente accettata
dalla parte assistita.
I. In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere
immediatamente a disposizione della parte assistita le somme
riscosse per conto di questa.
ART. 45. – Divieto di patto di quota lite.
E’ consentito all’avvocato pattuire con il cliente compensi
parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo
il divieto dell’articolo 1261 c.c. e sempre che i compensi siano
proporzionati all’attività svolta.
ART. 46. – Azioni contro la parte assistita per il pagamento del
compenso.
L’avvocato può agire giudizialmente nei confronti della parte
assistita per il pagamento delle proprie prestazioni
professionali, previa rinuncia al mandato.
ART. 47. – Rinuncia al mandato.
L’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato.
I. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla
parte assistita un preavviso adeguato alle circostanze, e deve
informarla di quanto è necessario fare per non pregiudicare la
difesa.
II. Qualora la parte assistita non provveda in tempi ragionevoli
alla nomina di un altro difensore, nel rispetto degli obblighi
di legge l’avvocato non è responsabile per la mancata successiva
assistenza, pur essendo tenuto ad informare la parte delle
comunicazioni che dovessero pervenirgli.
III. In caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la
rinuncia al mandato con lettera raccomandata alla parte
assistita all’indirizzo anagrafico e all’ultimo domicilio
conosciuto. Con l’adempimento di tale formalità, fermi restando
gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra
attività, indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia
effettivamente ricevuto tale comunicazione.
IV – RAPPORTO CON LA CONTROPARTE, I MAGISTRATI E I TERZI
ART. 48. – Minaccia di azioni alla controparte.
L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad
ottenere particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni,
istanze fallimentari, denunce o altre sanzioni, è consentita
quando tenda a rendere avvertita la controparte delle possibili
iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere; è
deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando
siano minacciate azioni od iniziative sproporzionate o
vessatorie.
I. Qualora ritenga di invitare la controparte ad un colloquio
nel proprio studio, prima di iniziare un giudizio, l’avvocato
deve precisarle che può essere accompagnata da un legale di
fiducia.
II. L’addebito alla controparte di competenze e spese per
l’attività prestata in sede stragiudiziale è ammesso, purché la
richiesta di pagamento sia fatta a favore del proprio assistito.
ART. 49. – Pluralità di azioni nei confronti della controparte.
L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative
giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò
non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte
assistita.
ART. 50. – Richiesta di compenso professionale alla controparte.
E’ vietato richiedere alla controparte il pagamento del proprio
compenso professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica
pattuizione, con l’accordo del proprio assistito, e in ogni
altro caso previsto dalla legge.
I. In particolare è consentito all’avvocato chiedere alla
controparte il pagamento del proprio compenso professionale nel
caso di avvenuta transazione giudiziale e di inadempimento del
proprio cliente.
ART. 51. – Assunzione di incarichi contro ex clienti.
L’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è
ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione
del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia
estraneo a quello espletato in precedenza. In ogni caso è fatto
divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione
del rapporto professionale già esaurito.
I. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in
controversie familiari deve astenersi dal prestare, in favore di
uno di essi, la propria assistenza in controversie successive
tra i medesimi.
ART. 52. – Rapporti con i testimoni.
L’avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle
circostanze oggetto dei procedimento con forzature o suggestioni
dirette a conseguire deposizioni compiacenti.
I. Resta ferma la facoltà di investigazione difensiva nei modi e
termini previsti dal codice di procedura penale, e nel rispetto
delle disposizioni che seguono.
1. Il difensore di fiducia e il difensore d’ufficio sono tenuti
ugualmente al rispetto delle disposizioni previste nello
svolgimento delle investigazioni difensive.
2. In particolare il difensore ha il dovere di valutare la
necessità o l’opportunità di svolgere investigazioni difensive
in relazione alle esigenze e agli obiettivi della difesa in
favore del proprio assistito.
3. La scelta sull’oggetto, sui modi e sulle forme delle
investigazioni nonché sulla utilizzazione dei risultati compete
al difensore.
4. Quando si avvale di sostituti, collaboratori di studio,
investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, il
difensore può fornire agli stessi tutte le informazioni e i
documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche
nella ipotesi di intervenuta segretazione degli atti,
raccomandando il vincolo del segreto e l’obbligo di comunicare i
risultati esclusivamente al difensore.
5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto
professionale sugli atti delle investigazioni difensive e sul
loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva
la rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio
assistito.
6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare
scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle
investigazioni difensive per tutto il tempo ritenuto necessario
o utile per l’esercizio della difesa.
7. E’ fatto divieto al difensore e ai vari soggetti interessati
di corrispondere compensi o indennità sotto qualsiasi forma alle
persone interpellate ai fini delle investigazioni difensive,
salva la facoltà di provvedere al rimborso delle spese
documentate.
8. Il difensore deve informare le persone interpellate ai fini
delle investigazioni della propria qualità, senza obbligo di
rivelare il nome dell’assistito.
9. Il difensore deve inoltre informare le persone interpellate
che, se si avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno
essere chiamate ad una audizione davanti al pubblico ministero
ovvero a rendere un esame testimoniale davanti al giudice, ove
saranno tenute a rispondere anche alle domande del difensore.
10. Il difensore deve altresì informare le persone sottoposte a
indagine o imputate nello stesso procedimento o in altro
procedimento connesso o collegato che, se si avvarranno della
facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate a rendere
esame davanti al giudice in incidente probatorio.
11. Il difensore, quando intende compiere un accesso in un luogo
privato, deve richiedere il consenso di chi ne abbia la
disponibilità, informandolo della propria qualità e della natura
dell’atto da compiere, nonché della possibilità che, ove non sia
prestato il consenso, l’atto sia autorizzato dal giudice.
12. Per conferire, chiedere dichiarazioni scritte o assumere
informazioni dalla persona offesa dal reato il difensore procede
con invito scritto, previo avviso al legale della stessa persona
offesa, ove ne sia conosciuta l’esistenza. Se non risulta
assistita, nell’invito è indicata l’opportunità che comunque un
legale sia consultato e intervenga all’atto. Nel caso di persona
minore, l’invito è comunicato anche a chi esercita la potestà
dei genitori, con facoltà di intervenire all’atto.
13. Il difensore, anche quando non redige un verbale, deve
documentare lo stato dei luoghi e delle cose, procurando che
nulla sia mutato, alterato o disperso.
14. Il difensore ha il dovere di rispettare tutte le
disposizioni fissate dalla legge e deve comunque porre in essere
le cautele idonee ad assicurare la genuinità delle
dichiarazioni.
15. Il difensore deve documentare in forma integrale le
informazioni assunte. Quando è disposta la riproduzione anche
fonografica le informazioni possono essere documentate in forma
riassuntiva.
16. Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale
alla persona che ha reso informazioni né al suo difensore.
ART. 53. – Rapporti con i magistrati.
I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla
dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche
funzioni.
I. Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del
giudizio civile in corso con il giudice incaricato del processo
senza la presenza del legale avversario.
II. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato
onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali
funzioni e le norme sulla incompatibilità.
III. L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di
amicizia, di familiarità o di confidenza con i magistrati per
ottenere favori e preferenze. In ogni caso deve evitare di
sottolineare la natura di tali rapporti nell’esercizio del suo
ministero, nei confronti o alla presenza di terze persone.
ART. 54. – Rapporti con arbitri e consulenti tecnici.
L’avvocato deve ispirare il proprio rapporto con arbitri e
consulenti tecnici a correttezza e lealtà, nel rispetto delle
reciproche funzioni.
ART. 55. – Arbitrato.
L’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro è tenuto
ad improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e
a vigilare che il procedimento si svolga con imparzialità e
indipendenza.
I. L’avvocato non può assumere la funzioni di arbitro quando
abbia in corso rapporti professionali con una delle parti.
II. L’avvocato non può accettare la nomina ad arbitro se una
delle parti del procedimento sia assistita da altro
professionista di lui socio o con lui associato, ovvero che
eserciti negli stessi locali.
In ogni caso l’avvocato deve comunicare alle parti ogni
circostanza di fatto e ogni rapporto con i difensori che possano
incidere sulla sua indipendenza, al fine di ottenere il consenso
delle parti stesse all’espletamento dell’incarico.
III. L’avvocato che sia stato richiesto di svolgere la funzione
di arbitro deve dichiarare per iscritto, nell’accettare
l’incarico, l’inesistenza di ragioni ostative all’assunzione
della veste di arbitro o comunque di relazioni di tipo
professionale, commerciale, economico, familiare o personale con
una delle parti. Diversamente, deve specificare dette ragioni
ostative, la natura e il tipo di tali relazioni e può accettare
l’incarico solo se le parti non si oppongano entro dieci giorni
dal ricevimento della comunicazione.
IV. L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel
corso del procedimento in modo da preservare la fiducia in lui
riposta dalle parti e deve rimanere immune da influenze e
condizionamenti esterni di qualunque tipo. Egli inoltre:
– ha il dovere di mantenere la riservatezza sui fatti di cui
venga a conoscenza in ragione del procedimento arbitrale;
– non deve fornire notizie su questioni attinenti al
procedimento;
– non deve rendere nota la decisione prima che questa sia
formalmente comunicata a tutte le parti.
ART. 56. – Rapporti con i terzi.
L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con
rispetto nei confronti del personale ausiliario di giustizia,
del proprio personale dipendente e di tutte le persone in genere
con cui venga in contatto nell’esercizio della professione.
I. Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato
ha il dovere di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in
modo tale da non compromettere la fiducia che i terzi debbono
avere nella sua capacità di adempiere i doveri professionali e
nella dignità della professione.
ART. 57. – Elezioni forensi.
L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di
candidati, ad elezioni ad organi rappresentativi dell’Avvocatura
deve comportarsi con correttezza, evitando forme di propaganda
ed iniziative non consone alla dignità delle funzioni.
I. E’ vietata ogni forma di propaganda elettorale o di
iniziativa nella sede di svolgimento delle elezioni e durante le
operazioni di voto.
II. Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è
consentita la sola affissione delle liste elettorali e di
manifesti contenenti le regole di svolgimento delle operazioni
di voto.
ART. 58. – La testimonianza dell’avvocato.
Per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come
testimone su circostanze apprese nell’esercizio della propria
attività professionale e inerenti al mandato ricevuto.
I. L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la
propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
II. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà
rinunciare al mandato e non potrà riassumerlo.
ART. 59. – Obbligo di provvedere all’adempimento delle
obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
L’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento
delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
I. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della
professione assume carattere di illecito disciplinare, quando,
per modalità o gravità, sia tale da compromettere la fiducia dei
terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri
professionali.
V – DISPOSIZIONE FINALE
ART. 60. – Norma di chiusura.
Le disposizioni specifiche di questo codice costituiscono
esemplificazioni dei comportamenti più ricorrenti e non limitano
l’ambito di applicazione dei principi generali espressi.